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Educazione e politica

| Marina Greco | CEM Editoriali Storici, Domenico Calarco sx


Dall’essere-per-sé all’essere-con-gli-altri - 1975/10

“Non si può accettare un’educazione che sia apolitica”.
Attualizzando l’affermazione contenuta nell’ultimo editoriale di CEM Mondialità del 1975, potremmo dire che le suggestioni, illusioni o speranze, che portarono la politica nelle aule scolastiche nel Sessanta e nel Settanta sono svanite.
“Dell'individualismo borghese, la cui arte di vivere consiste nel pensare a se stesso e nel sottomettere gli altri” oggi in molti non oserebbero più parlare, forse perché la borghesia, come si configurava in quegli anni, non esiste più.
Oggi esistono moltissimi “penultimi”, molti “ultimi” e pochissimi “primi della classe”.
Una situazione globalizzata (mondializzata?) paradossalmente simile a quella della Francia prerivoluzionaria, se si guarda alle percentuali dei raggruppamenti sociali.
Il terzo stato francese, prima della rivoluzione, ammontava circa al 98% dell’intera popolazione: era composto dalla borghesia mercantile, dai braccianti e dagli operai. Potrebbe essere paragonato a quel 99% della popolazione mondiale attuale che possiede lo stesso patrimonio del rimanente 1%.
La differenza principale consiste appunto nella globalizzazione della situazione e nella maggiore eterogeneità dell’occupazione lavorativa (o disoccupazione/inoccupazione) del nostro 99% globalizzato (mondializzato?).
Oggi nelle scuole l’esame della realtà sociale attuale e lo studio dei motivi di fondo delle varie forze politiche sono pressoché assenti. Esiste un distanziamento, che rende il mondo della scuola come un pianeta a sé stante, protettivo dei suoi abitanti, nell’attesa che “siano maturi” per il voto. Del resto se non si può accettare un’educazione che sia apolitica, la prima questione derivata è quella dell’obiettività degli educatori. Chi può formare un altro alla vita politica, se neanche i politici sono stati formati per questo?
Il dramma umano consiste nel fatto che la politica o si fa o si subisce e l’unico metodo di apprendimento è il Learning by doing, ma temo che pochissimi adulti pensino realmente che gli studenti debbano, a scuola, prendere coscienza della loro “anima sociale” e agire di conseguenza. Se fossero veramente educati e pronti per questo, sarebbero già organizzati in un movimento politico autonomo under 18. Ma purtroppo i bimbetti e gli adolescenti di oggi non vanno con i genitori o con gli insegnanti in parlamento a discutere del bene comune per tutti gli under 18 (mondiali?). Sarebbe bello, un po’ come ad Atene si andava nell’Agorà, ma diciamo, che come molti altri cittadini in questi tempi i giovani soffrono di una mancata rappresentatività politica, mentre risulta assai comodo a quell’ 1% di cui sopra che siano conformisti. Altrimenti come si farebbe a vendere loro (e a far comprare ai loro genitori) così tanta merce?
Penso che la vita activa nell’essere-per-gli-altri si realizzi spesso in età non più scolare, ma sempre in tempo per rendere manifesta quella strada a qualcun altro, attraverso il proprio agire.

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DOMENICO CALARCO
Dall’essere-per-sé all’essere-con-gli-altri, in "CEM Mondialità", III 1974-75/10, p. 3.

Una delle cause per cui il "sistema scolastico" attuale è diventato antieducativo, antidemocratico e antisociale, è da ricercarsi, a nostro parere, nel fatto che si è voluto dare all'educazione in generale e alla scuola in particolare una connotazione "neutrale" o "apolitica". Connotazione, questa, che ha tradito il vero scopo dell'educazione: la promozione dell' "umano", cioè la qualificazione progressiva dell'uomo in tutte le dimensioni della sua vita.

Se il compito primario dell'educazione è quello di "formare l'uomo ", di guidare cioè lo sviluppo dinamico per mezzo del quale l'uomo forma se stesso ad essere un uomo armonicamente completo, responsabilmente libero e socialmente impegnato, è un errore molto grave relegare l'educazione nell'apoliticità, che è la frustrazione dello sviluppo dell'alunno in quanto persona e la sottomissione di questa al conformismo sociale.

Una educazione che fosse "apolitica", renderebbe l'alunno totalmente avulso dalla realtà, incapace di acquisire il senso dell'umanità e, quindi, il senso della solidarietà universale, ignaro di quello che accade fuori delle aule asfittiche, e dei problemi più rilevanti che assillano la società.

A nessuno – e soprattutto agli operatori educativi - può sfuggire il fatto che la conoscenza dell'uomo d'oggi, la sua esperienza, il suo spirito critico, la sua azione e la sua stessa personalità "dipendono dal modo con cui si è aperto ai grandi problemi della sua vita in spazio mondiale". Un proverbio africano dice: "L'uomo è la reciprocità". La vera educazione, infatti, non può più essere soltanto una preparazione alla vita: essa è una dimensione di tutta la vita, in tutte le professioni, a tutte le età e in tutti gli "stati"; non può separare il mondo dello studio dal resto della comunità sociale: essa dev'essere come il luogo in cui le esigenze personali e quelle comunitarie si intersecano, dal momento che ciascun uomo si perfeziona se, insieme con gli altri, contribuisce alla crescita di tutti; deve aiutare l 'alunno ad acquisire lo spirito critico, a ricercare la verità obiettiva e potenziare in sé i valori umani sì da poter manifestare civilmente il proprio rifiuto di "una società, che possiede grandi mezzi per governare e si serve di questi per reggere l'impersonale avvenire di tutti" (René Habachi).

Non si può accettare una educazione che sia "apolitica". Perché l'educazione è un impegno umano: l'alunno non può non essere inserito nella storia. Inserimento che esige una personale partecipazione ad azioni "politiche ", le quali rendano vitali le relazioni dell'uomo con la società, "cioè non solo con l'ambiente sociale, ma anche con il lavoro comune ed il bene comune". Infatti, "l'uomo d'oggi, e tanto più quello di domani, è l'uomo inquadrato in una storia unificata su tutta la faccia del pianeta, l'uomo inserito in uno spazio vitale conglobato, e quindi abitante in un luogo in cui ogni singola creatura è interdipendente da tutte le altre. (...) Il presente e la storia di ciascuno sono divenuti il presente e La storia di tutti, e viceversa" (Karl Rhaner).

In questa prospettiva, l'educazione in quanto impegno umano - ha il compito primario di aiutare l'alunno a prender coscienza che non esiste un essere-per-sé che non sia al tempo stesso un essere-per-l'altro e, di conseguenza, un essere-con-l'altro. Nella misura in cui ciascuno di noi riesce ad espugnare la roccaforte del proprio egocentrismo, permette alla libertà di "farsi se stesso" e al tempo stesso "proiezione di se stesso". Questo è il superamento dell'individualismo borghese, la cui arte di vivere consiste nel pensare a se stesso e nel sottomettere gli altri, e l'accettazione responsabile del principio dell'universalismo cristiano della fraternità, che consiste nell'essere a servizio gli uni degli altri per mezzo della carità.  "(. . .) Se osi dirmi / Che tu sei un uomo / Vieni a sedere / Vicino al mio cuore / Tutto a destra" (da Uomo di Malik Fail).