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La Concordia

| Marina Greco | CEM Editoriali Storici, Domenico Calarco sx


La radice dell'umanesimo sociale1975/9

Di slogan in slogan siamo giunti all'era della glaciazione linguistica, simbolicamente individuata su “Tramites” qualche giorno fa nella riflessione intitolata "Il disgelo delle parole"
L’era della glaciazione linguistica è caratterizzata dal predominio assoluto dell'ideologia. Occorre avere il coraggio di guardare alle idee cristallizzate nella mente, affinché lo sforzo di conoscere e comprendere rimanga intelligente e amorevole. Può essere più immediato privilegiare sempre gli strumenti sistematici della razionalità e delle scienze perfino nel campo dell'esperienza religiosa.

Questo attiene alle abitudini di ragionamento consolidatesi durante il costituirsi della storia del pensiero. Gli "abiti intellettuali" rendono meno onerosa la tensione che anima ogni sentiero di ricerca, trasformandolo in più comoda e definita carreggiata. A queste carreggiate corrispondono le ideologie - forti e deboli.
Processi simili sono più evidenti in politica. Per esempio, nella propaganda attuata dai partiti per catturare i consensi degli elettori, le ideologie si palesano facilmente come sistemi di rappresentazioni immaginarie, attraverso i quali gli uomini non descrivono le loro vite concrete e le loro possibilità di cambiamento pratico, ma le loro fantasie e i loro progetti conseguenti. I programmi di partito sono quindi in gran parte destinati ad essere costrutti di parole cristallizzate e sterili: ideologie, per l'appunto. Inoltre simili costrutti e slogan, nella loro attribuzione di senso collettiva, declinata all’interno della massa che vi si riconosce, si trasformano gradualmente in strumento di asservimento totalitarista delle menti. Occorre molta libertà, non facile a conquistarsi, in simili situazioni.
La discussione, animata da ieri sui media, intorno all'inconsistenza scientifica del concetto di "razza", sarebbe forse più proficua se si trasformasse nello studio informativo sulla consistenza psicologica del concetto di "razzismo".
La rivoluzione sociale - pacifica - di cui parlava Domenico Calarco sx nel 1975 faceva riferimento ad un ideale d’uomo che riesce ad integrare il senso della giustizia con la solidarietà del sentire e dell'intenzione, che sole possono produrre la concordia sociale attraverso leggi eque. Il benessere, la distribuzione della ricchezza, l'equilibrio nelle modalità di consumo e il diritto alla libera espansione delle capacità di pensare dovrebbero essere risorse per tutto il genere umano. Da qui si potrebbe avviare un Programma Uomo Cordialmente Concorde (PU_CC?). L'insistenza sulla radice latina cor della parola "concordia" ( letteralmente "col cuore" e quindi in pace per il tramite della benevolenza), radice contenuta anche in "cordialmente" e in "concorde", ci dà la misura della solidarietà necessaria e sufficiente, ma ad oggi non ancora spontanea, né in alcun modo ottenibile con la coercizione nella prassi quotidiana.
Allo sviluppo della solidarietà e della concordia dovrebbero essere orientati anche i programmi educativi di ogni singola disciplina scolastica. Anche nei saperi specifici sono possibili analisi spassionate delle dinamiche ideologiche nella costruzione delle conoscenze.

La lor concordia e i lor lieti sembianti,
amore e maraviglia e dolce sguardo
facieno esser cagion di pensier santi
Dante Alighieri (La Divina Commedia, Paradiso, Canto XI, vv. 76-81).

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DOMENICO CALARCO
La radice dell'umanesimo sociale, in "CEM Mondialità", III 1974-75/09, p. 3.

Lo slogan "abbasso l'imperialismo" (o il razzismo, o il capitalismo) che per lungo tempo ha dominato la scena politica e militare, socio-economica e culturale della nostra società ha ormai ceduto il passo al nuovo slogan "per l’uguaglianza e la giustizia".

A questo slogan - ultimo grido nella politica, nell'arte, nel cinema o nella morale laica si richiamano ripetutamente gli intellettuali "impegnati" e le famiglie "progressiste", i "giovani" contestatori e i sindacati dei “lavoratori”, i regimi parlamentari o totalitari e i gruppi extraparlamentari. Essi dichiarano d'essere "per il popolo" e di adoperarsi per affrettare l'affermazione dell'uguaglianza e la condanna della miseria e della discriminazione.

È un fatto che il "grido" di uguaglianza e di partecipazione, di fraternità e di giustizia che si leva angoscioso dai ghetti dei nuovi "poveri" della società contemporanea, non può essere riducibile ad uno slogan, nonostante la sua efficacia pubblicitaria. Questo grido, che è proprio della dignità e della libertà dell'uomo, esprime da un lato la condanna della dittatura disumanizzante dei "potenti", i quali degradano l'uomo d'oggi a essere senza valore, e dall'altro esige la trasformazione rapida e radicale - la "rivoluzione sociale" - delle strutture portanti di "una società indurita dalle competizioni e dall'attrattiva del successo''.

Sarebbe, infatti, insufficiente e, anzi, inefficace l'ascolto attento e compassionevole finché si voglia di tale grido, se poi si rimanesse indifferenti ai suoi motivi di fondo, che sono le stesse esigenze della giustizia: la dignità dell'uomo e la solidarietà universale, l'amore fraterno e la destinazione universale dei beni.

La tutela e la promozione di tali esigenze sono la chiave di volta della nuova società a dimensione umana", nella quale sia consentita e facilitata una vita che sia degna di persone umane, ossia una vita consapevole, libera e responsabile.

Da qui la necessità d 'impostare il problema di una vera rivoluzione sociale non nei termini, limitati ed essenzialmente illusori, della quantità - l'uomo visto come potenziale produttivo, reddito medio pro-capite, produttività per uomo-ora - ma in quelli, significativi e determinanti per il divenire di una società più giusta, della qualità - l'uomo, dotato d’intelligenza e di libertà, considerato come responsabile del proprio sviluppo e principale artefice della crescita della propria personalità: è la condizione richiesta perché ogni uomo possa "crescere in umanità, valere di più, essere di più".

Ora, una nuova società "a dimensione umana" non può fondarsi sul meccanicismo e sulla tecnocrazia, su puri interessi economici o su vincoli politici: deve fondarsi sul vero umanesimo sociale. cioè sulla convivenza di persone consapevoli e responsabili che si uniscono a livello di umanità, nella libera convergenza di cuori e di pensieri.

La radice di tale umanesimo sociale non va, pertanto ricercata né nel filantropismo né nel collettivismo, ma soltanto nella sintesi della giustizia e della carità. "Secondo la dottrina cristiana la carità, come amore è il principio della giustizia, e come esercizio di opere è la necessaria integrazione della giustizia nel regolare i rapporti sociali, poiché se la giustizia può e deve fare molto per eliminare le cause dei conflitti sociali, non è sufficiente a unire gli animi in solidarietà di sentimenti e di intenti per una proficua convivenza, come può esserlo la carità. Questa è dunque la perfezione dell'ordine sociale, dove la sintesi feconda di amore e diritto, carità e giustizia, attua dall'interno la pacificazione e fa regnare la concordia nei rapporti sociali" (R. Spiazzi, L'u omo nella società, Idea Centro Editoriale, Roma, pp. 129-130).