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1887.??.??.Aspetto del secolo XVI - B

Elaborato per la scuola.
Trascrizione in Teodori, FCT 6°, 1983, alle pp. 908 - 910.

  • ID
    6186
  • Cartella
  • Data
  • Editore
    CDSR
  • Luogo
    Parma
  • Collocazione
    CSCS
  • Pagine
    3
  • Viste
    1194 volte

CDSR
Centro Documentazione Saveriani - Roma

Transcrizione

Pag. 1
Se mai fuvvi secolo in cui le belle lettere e le loro indivisibili compagne l'arti gentili fiorissero a dovizia, e si mostrassero in tutto lo splendore di loro bellezza da non potersi desiderare di più, fu senza dubbio il sestodecimo secolo.
Non può in vero un animo amante del bello e del buono ricordarlo senza sentirsi risvegliare i più dolci sentimenti e le più care rimembranze. In questo secolo vi aveva nella vita non so quall'entusiasmo e qual tendenza al bello ed al buono che disponeva gli animi alle più lodevoli e assidue occupazioni ed alle scoperte (creazioni) più vaghe e peregrine. Tutto ci si presenta di grandioso e splendido e pareva

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che i costumi si foggiassero sopra i costumi romani.
Sarebbesi detto che il secolo fosse d'Augusto forse nuovamente ritornato e che Mecenate, Lucullo, Sallustio fossero risorti, la stessa eleganza, la stessa sontuosità lo stesso splendore. Non è a meravigliare che in mezzo ad impressioni così vivaci, gli animi si trasportassero vogliosi al passato ed emulando in ogni cosa gli antichi e si emulasse anche da letterati di questa con ogni studio gli scrittori greci e latini, prendendo da essi comparazioni ed imagini. In questo secolo la lingua latina fu obbietto di culto speciale e di minutissimo studio. Si presero a modello precipuamente Cicerone e Virgilio, vennero da non pochi chiosati, e si procurò da ognuno imitarne quanto era possibile la cadenza ed il periodare. Le lettere greche non erano meno in onore, varie università d'Italia già vantavano accademie e stamperie greche, e da giovani studiosi non erano con minor studio (amor) delle latine coltivate e ricercate.
Il favore e la protezione concessa a letterati ed agli artisti non avea limite perché non vi era corte di principe o casa di doviziosi e di nobili che non ponesse suo vanto nell'accogliere e nel favoreggiare qualche uomo di lettere o qualche artista. Ma quelli che maggiormente si distinsero per la generosa protezione conceduta ai cultori degli studii furono i Romani pontefici, e fra questi meritano particolare menzione i nomi gloriosi di Giulio II e di Leone X che meritò come già Augusto che dal suo nome si appellasse il secolo decimo sesto.
La loro assunzione al pontificato fu con generale applauso da tutti esaltata e risvegliò per ogni dove tutte le ambizioni (emulazioni) artistiche e letterarie. Perciò fu veduto come un nugolo di letterati e d'artisti trarre da ogni parte a Roma, sicuri d'esservi accolti e protetti anzi di ricevere il condegno premio alle nobili e gloriose loro fatiche.

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Non reca quindi stupore se in questo secolo fiorissero i più grandi uomini in fatto di lettere e di arti, da superare i secoli (eguagliare) trascorsi, e da lasciare a secoli avvenire la forse vana speranza di maggiori e più grandi glorie. Il Bramante disegnava la magnifica ed immensa basilica di S. Pietro colla grandiosa sua cupola, che (formar dovea) esser dovea lo stupore e la meraviglia di tutti i popoli presenti e futuri. Rafaele d'Urbino dipingeva le (immense) sale, e le immense loggie vaticane e i parti del suo classico penello formavano la più bella meraviglia del suo secolo. Michelangelo rinnovellava i portenti della greca scultura e le sue immortali opere il rendeano come l'hanno reso e il rendono tuttora presso ogni nazione l'impareggiabile maestro di quest'arte. Il Macchiavelli ed il Guicciardini dettavano quelle loro istorie le quali nonostante i gravi difetti che le deturpano per le perverse massime che le informano possono in molte parti contendere in bellezza ed in naturalezza (chiarezza e spigliatezza) colle greche e colle latine. L'Ariosto con altissima fantasia e con istile svariatissimo, cantava di cavalieri, dell'armi e de' costumi a lui coetanei e Torquato Tasso, dando fiato all'epica tromba celebrava l'armi pietose e il capitano, che il gran sepolcro liberò di Cristo, gareggiando in molte parti con Omero e Virgilio. Il Bembo, il Giambullari, il Salviati, il Pallavicino ripurgavano la nostra lingua dettando opere la cui fama sarà fuor di dubbio imperitura.
(Fu in questo secolo che non pochi) A canto dei sullodati sorgevano in buon altri assai grandi, cui ricordare sarebbe troppo lungo e de' quali a ragione glorierebbesi qualsiasi secolo della nostra letteratura. Fu in questo tempo che molti scrissero latinamente quasi a paro degli antichi, e che, per opera del Sigonio e del Baronio la face...

Parte finale contenuta in FCT 6°
...della critica sfolgorò d'insolita luce rischiarando monumenti non prima scorti, togliendo molte ambiguità in questioni importantissime di storia. L'eloquenza sacra fu portata quasi al sommo della sua perfezione dal facondissimo Segneri, che emulando Cicerone e Demostene venne giustamente appellato il Tullio del pulpito italiano.
Possa anche a' nostri dì ridestarsi ne' petti di tutti l'amore delle belle lettere e delle arti gentili, e la patria nostra, che sempre fu feconda di eletti ingegni, che le hanno cinte le tempia di immortale fulgidissima corona, più non avrà a dolersi de' figli suoi ora tanto degenerati.

Guido Maria Conforti