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Passaggi

| Enzo O. Verzeletti


Da tempi immemori esistono le scuole e le università.
Nella scuola, nelle scuole, nelle università, quella della vita quotidiana inclusa, le persone tentano probabilmente di fare del loro meglio.
Ciononostante...

...da tempi immemori esistono i “refrattari”: quelli che le scuole e le università spesso le hanno subite o fuggite o mal digerite o vissute come una corvée, un pedaggio, un casello autostradale.

Come si spiega? Tutti riluttanti ad imparare o ad insegnare?

Se mi volto indietro e guardo alla mia esperienza da studente mi rendo conto che tante cose non le ho mai imparate anche se le ho studiate, anche se ho passato tutti gli esami.
Da cosa è dipeso? Cosa cercavo?
Scorciatoie? Soluzioni? Promozioni? Diplomi? Lauree? Titoli?
Di una cosa sono certo: non ho mai cercato padroni, così come immagino non cerchino padroni molti di quelli che studiano nelle scuole o nelle università.
Da studente cercavo solo persone che mi aiutassero a compiere dei passaggi: sapevo che dopo sarei approdato da qualche parte, per poi ripartire.

Chi può insegnare qualcosa a qualcuno?
Non un guardiano del tempio certamente, piuttosto qualcuno che contribuisca a fare della cultura, delle conoscenze e dei saperi non un patrimonio elitario da lasciare in eredità ai propri discendenti, ma un carburante per aiutare a camminare con dignità uomini e donne.
Insegnamento significa fornire strumenti e risorse per i giorni di carestia come per i giorni di abbondanza.

Voglio fare un altro passo su questo sentiero per addentrarmi nella questione della trasmissione del messaggio evangelico.
Credo che parecchi studenti cerchino non tanto chi possiede particolari messaggi più o meno iniziatici da consegnare o da recapitare, ma qualcuno che possa farsi egli stesso messaggio, qualcuno, finalmente, in cui si confondano gesto e parola, qualcuno che consideri la Parola non come un affare solo teorico, ma piuttosto come una realtà viva: sangue nelle vene e aria nei polmoni.

Gesù che si avvicina ai discepoli di Emmaus mi ricorda che la trasmissione della fede è soprattutto un movimento, un passaggio, un dare qualche cosa a qualcuno e, allo stesso tempo un ricevere.
Non è certo facile e scontato essere qualcuno che passa, non identificarsi con qualcuno che istruisce o catechizza, ma essere qualcuno che “lascia andare” i discepoli, che “non li trattiene”, che affida loro delle “verità”, non perché cerca seguaci (così come i discepoli non cercano padroni), ma perché sa che i discepoli hanno la dignità degli spiriti liberi, con tutta la fragilità che ne consegue.

Ci sono tante forme di trasmissione dei saperi e delle arti, tante forme di scuola, una di queste che più si avvicina al nostro scopo, è quella che vorrei chiamare “scuola della compagnia”; il suo tratto distintivo è l’essere, il trovarsi – sempre - nella prossimità dei gesti e delle parole.
Se così accade, allora si può elaborare conoscenza, l’esperienza diventa arte e il sapere può dare sapore e gusto ai giorni, trasformandosi in passione per la ricerca, affinché qualcosa accada, afferri, prenda, susciti il bisogno di andare oltre, di fare il passo in più, di seguire per aprire sentieri nuovi.
Il discepolato è una dimensione partecipata di contrasto a schemi e luoghi comuni; Gesù si è spinto oltre i confini, ha affrontato i poteri allora presenti, ha sfidato le corruttele ed ha insegnato ai suoi discepoli a contrastare le norme e le pratiche culturali che riteneva inadeguate, lesive della dignità delle persone, non in linea con il comandamento nuovo.
Gesù chiedeva (e chiede) ai suoi discepoli di essere presenze significative, feconde, creative in un mondo caotico che rischia di chiudersi in sé stesso, lacerato dai conflitti, dalle controversie e dal disprezzo regnante.
Occorre riprendere a camminare in compagnia nella mischia, nella Galilea delle genti, ad esserci con passione per disimparare e ricominciare a dire. Forse è questo il senso del “Noi speravamo che…” e di “Allora aprì loro la mente per comprendere…” (Lc 24, 21 e 46).
Solo così, credo, si possa ritornare a spezzare il pane, a ravvivare la speranza e a rinnovare il passaggio del testimone.